Si tratta di contenitori a forma di graziose colombe in vetro, prodotti in età romana (I-II sec. d.C.), soprattutto nella zona della Cisalpina. Le colombe venivano prodotte, con la tecnica della soffiatura libera, dagli abili vetrai romani, utilizzando sia vetro incolore sia vetri colorati (blu, azzurro, verde, giallo ocra…). Mentre il bolo di vetro viene soffiato le abili mani del vetraio lavorano con le pinze, dando vita e forma alla nostra colombina. L’animale può essere reso in maniera più realista o più stilizzata e la produzione varia nelle dimensioni, dalle piccole colombe miniaturistiche a quelle più grandi (una spanna o poco più). Questi oggetti raffinati
venivano utilizzati dalle matrone come contenitori per profumi. La loro particolarità oltre alla forma aggraziata sta nel fatto che le colombine venivano sigillate a caldo; ciò significa che per estrarne il contenuto bisognava necessariamente spezzarne la coda. Molti sono infatti gli esemplari noti giunti a noi con la coda frammentaria.
PUNTO UNO: La scelta
Forse vi domanderete perché un oggetto del museo e non un oggetto più personale.
Ecco un paio di note biografiche: lavoro al Museo Leone da tre anni, nel campo della didattica museale da quasi sette, nell’archeologia da più di dieci, senza contare gli anni di università… ritengo alcuni oggetti archeologici prediletti quasi un’appendice della mia sfera personale. In particolare sento affinità con alcuni di essi, come i reperti in vetro, un materiale delicato, trasparente, lucidissimo che mi affascina e mi attrae per le sue caratteristiche e per la sua capacità di assumere molteplici forme tra le mani esperte del vetraio.
In più lavoro da tanti anni con i ragazzi e mi piace sempre sperimentare ed inventare cose nuove. Vorrei pertanto sfruttare l’opportunità offerta dal seminario per analizzare alcuni oggetti a me cari e scoprire modi diversi per farli parlare ai ragazzi, perché no, magari partendo proprio dall’affezione che si può provare verso un oggetto o dalle sensazioni che anche istintivamente, di getto, il reperto ci può fornire (anche se solo attraverso la vetrina del museo).
PUNTO DUE: cosa significano per me? Cosa possono significare per gli altri?
Da alcuni anni ormai mi occupo di vetro antico, soprattutto romano. E’ importante per me. Da quando frequentavo l’università sono stata affascinata dai reperti vitrei che trovavo strabilianti nelle loro molteplici forme e decorazioni. Quando finalmente ho avuto la possibilità lavorativa di occuparmene è stato come il realizzarsi di un desiderio. E’ stato ed è tutt’ora sempre un’emozione aprire una vetrina e poter toccare un oggetto così fragile ,,, Avevo sempre desiderato farlo!
Negli anni passati mi è capitato di lavorare per diversi musei in Lombardia ed in Piemonte che sono zone di diffusione di questi oggetti. Ho quindi avuto modo di vedere diverse colombine e forse questo è stato un oggetto che mi ha accompagnato nelle mie esperienze lavorative.
Quindi la colomba di vetro è diventata per me un po’ l’oggetto totemico, simbolo della mia professione, di ciò che sono ma anche riassunto della mia storia professionale. E’ un legame con il territorio nel quale ho operato ed è una conferma delle mie ambizioni di universitaria.
Le colombe di vetro racchiudono nella loro delicatezza diversi significati…per me almeno!
Credo che esprimano nella loro fragilità tutto il fascino del mestiere archeologico. Mi spiego: ogni volta che ci si sofferma a guardarle non si può non stupirsi di fronte alla loro integrità, alla loro perfezione stilistica, alla loro gradevolezza, alla loro attualità, all’incredibile serie di circostanze che le hanno condotte intatte fino ai nostri occhi. E’ uno stupirsi ogni volta! E credo che in questo stupore si condensi il fascino del fare l’archeologo, la gioia e l’emozione di portare in luce testimonianze antiche e preziose (anche se purtroppo non capita tutti i giorni!). Credo inoltre che chiunque osservi le colombine possa stupirsene e di conseguenza possa provare anche solo per un attimo le emozioni di un archeologo al momento della scoperta.
Trovo che le piccole e fragili colombe esprimano nella loro raffinatezza la grandiosità della civiltà romana. Grandiosità intesa non tanto come potenza ma come grande abilità, grande tecnica, grande inventiva. Artigiani abilissimi e tecnicamente avanzati che davano vita ad oggetti (non soltanto per quanto riguarda il vetro) di gusto squisitamente attuale e in forme assolutamente moderne, in una sorta di continuità con il contemporaneo.
E poi le colombe ci permettono di entrare nella frivolezza sempre attuale della cosmesi e della bellezza femminile. Non credo esista donna che non rimanga affascinata davanti ad un grazioso contenitore per profumi che ha più di 2000 anni…
Infine nell’immaginario collettivo contemporaneo la colomba è simbolo di pace, di libertà, di amore, offre insomma moltissimi spunti di riflessione.
PUNTO TRE: L’allestimento
Le colombe vitree del Museo Leone di Vercelli trovano collocazione all’interno di una vetrina interamente dedicata a reperti vitrei romani. Oltre alle colombine vi si trovano balsamari dalle fogge varie, bastoncini per mescolare polveri cosmetiche, bottiglie, coppe, urne…
PUNTO UNO: La scelta
Forse vi domanderete perché un oggetto del museo e non un oggetto più personale.
Ecco un paio di note biografiche: lavoro al Museo Leone da tre anni, nel campo della didattica museale da quasi sette, nell’archeologia da più di dieci, senza contare gli anni di università… ritengo alcuni oggetti archeologici prediletti quasi un’appendice della mia sfera personale. In particolare sento affinità con alcuni di essi, come i reperti in vetro, un materiale delicato, trasparente, lucidissimo che mi affascina e mi attrae per le sue caratteristiche e per la sua capacità di assumere molteplici forme tra le mani esperte del vetraio.
In più lavoro da tanti anni con i ragazzi e mi piace sempre sperimentare ed inventare cose nuove. Vorrei pertanto sfruttare l’opportunità offerta dal seminario per analizzare alcuni oggetti a me cari e scoprire modi diversi per farli parlare ai ragazzi, perché no, magari partendo proprio dall’affezione che si può provare verso un oggetto o dalle sensazioni che anche istintivamente, di getto, il reperto ci può fornire (anche se solo attraverso la vetrina del museo).
PUNTO DUE: cosa significano per me? Cosa possono significare per gli altri?
Da alcuni anni ormai mi occupo di vetro antico, soprattutto romano. E’ importante per me. Da quando frequentavo l’università sono stata affascinata dai reperti vitrei che trovavo strabilianti nelle loro molteplici forme e decorazioni. Quando finalmente ho avuto la possibilità lavorativa di occuparmene è stato come il realizzarsi di un desiderio. E’ stato ed è tutt’ora sempre un’emozione aprire una vetrina e poter toccare un oggetto così fragile ,,, Avevo sempre desiderato farlo!
Negli anni passati mi è capitato di lavorare per diversi musei in Lombardia ed in Piemonte che sono zone di diffusione di questi oggetti. Ho quindi avuto modo di vedere diverse colombine e forse questo è stato un oggetto che mi ha accompagnato nelle mie esperienze lavorative.
Quindi la colomba di vetro è diventata per me un po’ l’oggetto totemico, simbolo della mia professione, di ciò che sono ma anche riassunto della mia storia professionale. E’ un legame con il territorio nel quale ho operato ed è una conferma delle mie ambizioni di universitaria.
Le colombe di vetro racchiudono nella loro delicatezza diversi significati…per me almeno!
Credo che esprimano nella loro fragilità tutto il fascino del mestiere archeologico. Mi spiego: ogni volta che ci si sofferma a guardarle non si può non stupirsi di fronte alla loro integrità, alla loro perfezione stilistica, alla loro gradevolezza, alla loro attualità, all’incredibile serie di circostanze che le hanno condotte intatte fino ai nostri occhi. E’ uno stupirsi ogni volta! E credo che in questo stupore si condensi il fascino del fare l’archeologo, la gioia e l’emozione di portare in luce testimonianze antiche e preziose (anche se purtroppo non capita tutti i giorni!). Credo inoltre che chiunque osservi le colombine possa stupirsene e di conseguenza possa provare anche solo per un attimo le emozioni di un archeologo al momento della scoperta.
Trovo che le piccole e fragili colombe esprimano nella loro raffinatezza la grandiosità della civiltà romana. Grandiosità intesa non tanto come potenza ma come grande abilità, grande tecnica, grande inventiva. Artigiani abilissimi e tecnicamente avanzati che davano vita ad oggetti (non soltanto per quanto riguarda il vetro) di gusto squisitamente attuale e in forme assolutamente moderne, in una sorta di continuità con il contemporaneo.
E poi le colombe ci permettono di entrare nella frivolezza sempre attuale della cosmesi e della bellezza femminile. Non credo esista donna che non rimanga affascinata davanti ad un grazioso contenitore per profumi che ha più di 2000 anni…
Infine nell’immaginario collettivo contemporaneo la colomba è simbolo di pace, di libertà, di amore, offre insomma moltissimi spunti di riflessione.
PUNTO TRE: L’allestimento
Le colombe vitree del Museo Leone di Vercelli trovano collocazione all’interno di una vetrina interamente dedicata a reperti vitrei romani. Oltre alle colombine vi si trovano balsamari dalle fogge varie, bastoncini per mescolare polveri cosmetiche, bottiglie, coppe, urne…
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