Saturday 1 November 2008

Oggetti d’affezione, dal capitolo omonimo de Il terzo principio della museografia (P.Clemente e E.Rossi, Carocci, Roma, 1999) è un tipo di laboratorio didattico che prevede che – attraverso gli oggetti scelti dai partecipanti– siano messe in evidenza relazioni antropologiche sia entro gli oggetti scelti, sia tra gli oggetti scelti dai membri del gruppo.

Le relazioni messe in evidenza rendono visibili possibili immaginazioni di allestimenti singolari e d’insieme degli oggetti, centrati su una museografia del contemporaneo, che attualizza la memoria delle relazioni, il simbolismo degli oggetti, le potenze del dono, la ‘domesticazione e personalizzazione’ degli oggetti seriali del mondo della produzione di massa, il ruolo e i rapporti tra le generazioni. Accendini, peluche, orologi, penne, canzoni, parole, diventano nodi di reti di relazioni dotate di forza riflessiva: aiutano a conoscere noi stessi e a riflettere sulla vita quotidiana contemporanea.

Nel workshop, sulla base degli oggetti scelti e delle relazioni indicate, si svolgerà sia un lavoro di narrazione delle cose, sia un lavoro di connessione di esse in ipotesi di interpretazione e di allestimento. L’espressione ‘oggetti di affezione’ è presa in prestito da un volume di Man Ray (Obiects of my affections).

Le schede degli oggetti, che verranno inserite nel blog nei giorni prima del workshop, contengono una parte descrittiva ed una parte narrativa e illustrativa delle relazioni implicate.

Parte descrittiva

Tre diversi esempi:
1. Oggetto: braccialetto identificativo di stoffa verde.
Luogo di provenienza: Sopot (Polonia), braccialetto di stoffa verde da indossare per avere libero accesso all’ area di un mega concerto e relativo camping in Polonia nel luglio 2006

2. -Scheda tecnica: Tipo: chitarra spagnola di legno
Tempo: 35 anni aprossimadamente
Marca: Contreras
Propietarie: Adesso io stessa, prima mia mamma e mia zia

3. Si tratta di un portamine della “Rotring”, una casa tedesca, di Amburgo, che fabbrica penne e matite sin dal 1928; il modello è abbastanza vecchio e non si trova più in commercio, se non nella sua forma successiva, leggermente diversa, che ha il nome Tikky II. La matita tradizionale risale al XVI secolo, mentre il portamine è stato inventato più recentemente ed ha il vantaggio di non dover usare il temperino per avere sempre appuntita la mina, generalmente di grafite.

Parte narrativa
La parte narrativa può essere connessa con quella descrittiva come nel caso appena accennato, che continua così: Circa dieci anni fa, nel 1998, mi fu regalato da mia madre un portamine di colore rosso scuro, con la punta metallica di 0.5 mm di diametro e un cerchietto rosso sull’impugnatura, rappresentate la marca (Rotring in tedesco significa anello rosso); o può essere separata come nel caso che segue (esempio della chitarra) : Il mio nonno si trasferì a Parigi negli anni ’70 perchè era un militare attivo e doveva prendere posto in Francia come aggiunto militare. Mia mamma quindi, con piú pena che gioia, aveva il desiderio di ricordare Madrid, e con quella sua musica. Dopo un anno in vacanza li, si era fatta l’idea di comprare una chitarra, raccoglie soldi e con una delle sue sorelle ne compra una per portarla a Parigi.

L’oggetto viene raccontato nelle sue storie di ‘fondazione’, relazioni, implicazioni affettive, genealogiche, donative, evocative.

Documentazione necessaria
Se l’oggetto si connette con reti di parentela o di amicizia o di amore è utile anche una specificazione delle relazioni , dei legami che caratterizzano il mondo di affezione degli oggetti, anche con un piccolo albero genealogico, ad esempio.
E’ utile una ‘immagine’ dell’oggetto, o fotografato, o scannerizzato, o trascritto, o disegnato ( o un file audio o un video). Se si tratta di oggetti portatili è importante portarli nello workshop dove cerchiamo di mettere a disposizione dei supporti espositivi temporanei.

Come si articola il workshop
In genere il workshop comincia con una mia narrazione di un oggetto d’affezione e quindi con varie altre narrazioni di oggetti, la presenza di una lavagna consente di indicare legami, genealogie, mappe.
In genere scelgo un oggetto d’affezione genealogico: l’orologio che mia madre donò a mio padre per il fidanzamento e che poi fu donato a me alla morte di mio padre, e che guastai salvando mia figlia in mare. E’ un oggetto molto ricco di valenze che però orienta troppo gli altri verso oggetti genealogici. Tra i giovani dei miei seminari spesso compaiono accendini donati da amici, diari legati ad amicizie scolastiche, oggetti di attività sportive o artistiche dell’adolescenza, peluche legati a fasi della vita. Non abbiamo mai usato ‘oggetti immateriali’ ma è tempo di cominciare, e quindi sono ben accette canzoni, frasi, messaggi o altro.Un oggetto che potrei scegliere non genealogico è un pezzo di carbone che è legato da un lato alla Sardegna, ai musei, al mio passato e dall’altro a una collega da poco scomparsa. In questo caso non è solo ‘quel’ pezzo di carbone ma ogni possibile pezzo di carbone a poter avere significato. Credo che a Milano comincerò da questo.

Le schede citate sono diverse tra loro, ma danno l’idea del lavoro laboratoriale, qualcuna contiene anche ipotesi di allestimento.Sulla base delle vostre schede e delle vostre presenze, cercheremo di fare ipotesi interpretative e allestitive degli oggetti come pratica di expografie sia autobiografica che ‘della contemporeneità’.

Pietro Clemente