Friday, 7 November 2008

UN AZDORA IN SARONG

Grembiule da cucina cucito a mano con un sarong balinese contemporaneo a disegni neri su sfondo bianco.


Storia personale dell’oggetto

Il mio grembiule da azdora romagnola è in realtà un sarong balinese. O meglio, mio zio lo riportò da Bali a Cesena, e ci spiegò che laggiù lo usavano in diverse occasioni: come indumento da tutti i giorni, come vestito “da festa” o come veste per le cerimonie religiose.
All’epoca io avevo dieci anni e i racconti dello zio mi sembravano delle avventure favolose, quanto mi piaceva starlo ad ascoltare mentre parlava di quei luoghi dai nomi fantasiosi: Bali, Lombok, Sumatra,Giava, Sri Lanka, Nepal.
Ma torniamo al grembiule: per dieci anni venne dimenticato nell’ armadio di mia nonna, insieme a centinaia di migliaia di vecchi scampoli di stoffa che un giorno le sarebbero serviti per confezionare vestaglie, grembiuli, vestitini, tovaglie .
Nel frattempo io mi ero trasferita a Firenze, per frequentare l’Università, e vivevo ormai sola da un paio d’anni quando la nonna mi regalò il grembiule. Ne aveva cuciti due identici, uno per me e l’altro per lei, forse per sentirsi più vicina a me.
Il mio sarong da azdora è un oggetto dal potere fortemente evocativo, mi ricorda la mia infanzia, la mia terra, il riso col latte; ma anche le terre altre che ho visitato con lo zio ( il mio sogno di bambina ), i tanti sarong che ho visto e comprato e i pad thai che ho mangiato.

Agnese

“Albero della vita”, costruito a mano da mio padre nella comunità di recupero di Sofignano (Prato) nel 1994 con fil di ferro intrecciato per le radici, il fusto e i rami e con smalto per i frutti. Alto 10 cm circa.

Questo piccolo oggetto mi fu regalato quando avevo otto anni e in se’ racchiude l’esperienza dolorosa di mio padre, la sua distanza da me e l’affetto che ci lega nonostante tutto. All’epoca non lo vedevo quasi mai, ma un giorno comparì bussando alla porta della mia classe con questo dono meraviglioso, che racchiude in sé l’emozione di quel momento, l’amore, la magia. Magica infatti fu l’intensità di quella comparsa, il cui ricordo mi ha portato ad attribuire un valore speciale a quest’albero: pensavo che rompendo il sottile velo di smalto dei frutti avrei potuto esprimere un desiderio. Un giorno trovai che era rimasto un solo frutto. Mi procurai dello smalto e li ridipinsi. Così ogni volta, rinnovando i frutti, restituivo all’albero il suo potere magico. Il piccolo oggetto porta in sé allora non solo la storia di mio padre e del nostro rapporto, ma anche la storia dei miei desideri di bambina. Conservo ancora il sacchettino di carta in cui si trovava l’albero il giorno in cui mi è stato donato, sul quale è scritto: “L’ALBERO SIMBOLO DELLA VITA. Ogni frutto spero sia il seme della felicità…” .


Localizzazione geografica dell’oggetto

Luogo di origine: comunità di recupero di Sofignano (Prato). Luogo di “scambio”: scuola elementare C.Guasti di Prato. Attuale collocazione: il comodino accanto al letto (in ognuna delle tre case dove ho vissuto, sempre a Prato)

Ipotesi di allestimento


Mi piacerebbe sistemare il piccolo albero su un comodino di legno scuro, il cui cassetto dovrebbe contenere foto del passato e del presente, alcune boccette di smalto e il sacchettino di carta . Mi piacerebbe che lo smalto potesse essere usato per ridipingere i frutti e che ognuno potesse schiacciarne uno per esprimere un desiderio. In questo modo ogni persona potrebbe fare esperienza del “rito” e amplificare il valore dell’oggetto stesso.